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A cura di Claudio Boscolo.

LE ORIGINI

Nata sulle orme della 24 Ore di Le Mans, la 24 Ore di Daytona è diventata progressivamente una classica dell’endurance.

Nata come gara di tre ore di durata nel 1962, valevole per il Campionato mondiale sport, presto cambiò direzione, allungando la propria lunghezza fino a diventare una duemila kilometri nel 1964.

DAYTONA BEACH, FL – 11 FEBBRAIO 1962: Dan Gurney, dopo aver avuto seri problemi sul finale di gara, riesce stoicamente a passare sul traguardo a bassissima velocità diventando così il primo vincitore della 3 Ore di Daytona.

Così la durata dell’evento passò da meno di una manciata di ore ad una dodici ore vera e propria fino a che non intervenne Ford nel 1966.

Infatti il colosso americano, annunciata la partecipazione alla 24 Ore di Le Mans aveva bisogno di una gara più lunga per poter preparare al meglio la propria GT40.

Dan Gurney (#97) nella sua Ford Mark II comanda davanti alle due Ferrari.

EVOLUZIONE

Come detto in precedenza la 24 Ore di Daytona ha subito diversi cambiamenti nell’arco della propria esistenza.

Partita come tappa valevole per il campionato del mondo sportprototipi divenne parte dell’IMSA solo a partire dal 1982.

Questo cambiamento non penalizzò affatto la competizione che non ebbe problemi a reperire iscritti, anzi pian piano si consolidò sempre più come classica spettacolare.

E’ proprio nei ruggenti anni ’80 che l’IMSA risponde ai prototipi del Gruppo C (che partecipavano al mondiale) con le GTP.

Infatti IMSA non volle adattarsi alle limitazioni sui consumi imposte dalla FISA nè tantomeno accettare i nuovi regolamenti riguardanti i doppi turbo e le pedaliere.

Le GTP che presero parte all’edizione del 1988.

Daytona però era destinata a vedere nuove categorie: dopo le GTP era il momento delle WSC (World Sport Car) tra cui spiccò la Ferrari 333 SP. Nonostante questa innovazione datata 1994 la categoria fece molta fatica a decollare tanto che nel 1998 avvennero ulteriori cambiamenti.

Ferrari 333 SP, l’ultimo prototipo del Cavallino Rampante prima del ritorno sulle scene in questo 2023.

Infatti la famiglia proprietaria del circuito mise in scena una serie di scelte ben poco lungimiranti che causarono un crollo nella popolarità dell’evento.

La soluzione fu abbandonare la vecchia via ed unirsi alla Grand-Am Association mentre per quanto riguarda le vetture coinvolte ci fu un cambio radicale.

Abbandonate le WSC furono introdotte le Daytona Prototype, che in tempi più recenti divennero DPI (su base LMP2) fino all’introduzione delle LMDh a partire da questa edizione (a tal proposito abbiamo preparato una bella guida che potete consultare QUI).

DPI Cadillac, su base Dallara P217.

ALCUNI ANEDDOTI

Nel 1967 Ferrari portò tre vetture sul podio arrivando in parata, questa non fu l’unica volta sebbene la più famosa (anche grazie al film Le Mans ’66). Infatti l’anno seguente anche Porsche arrivò in parata con ben tre vetture sul podio.

Nel 1972 a causa della crisi energetica la gara venne ridotta a sole sei ore di durata.

Nel 1974, sempre a causa della crisi energetica, la 24 Ore di Daytona non si disputò affatto.

Il record di piloti ad alternarsi nella stessa vettura durante la gara fu di sette nel 1997.

Di Claudio Boscolo

Appassionato di endurance da quando ho memoria, innamorato perso della Panoz Esperante e nostalgico della Jordan e della Jaguar in Formula 1. Cantastorie di piloti e di gare, all'occorrenza team principal dell'ItalianWheels Racing Team.

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