Greg Moore con quegli occhiali rotondi e quel taglio di capelli a primo acchito sembrava un “tutor di matematica”.

Ben pochi sapevano che dietro quell’aria da bravo ragazzo, da giovanotto della porta accanto, si celava uno dei più grandi orgogli del Canada a livello motoristico.

Uno dei pochi a far rivivere la febbre Villeneuve in terra canadese.

Greg Moore, dietro i suoi occhiali, celava lo sguardo da predatore.

Da pilota che quasi è meglio avercelo davanti piuttosto che negli specchietti retrovisori.

Pilota amato, rispettato e temuto.

Talento precoce, “predestinato” direbbero in molti oggi.

E predestinato Greg Moore lo sembrava per davvero.

A quindici anni è Rookie of the Year in Formula Ford, a sedici, con quattro vittorie e quattro pole position trionfa nell’ USAC West Formula 2000.

Il faccino da “tutor di matematica” ruggisce forte.

Ruggisce tremendamente veloce.

Greg Moore è un talento così precoce che a diciassette anni arriva in IndyLights, la serie cadetta del grande spettacolo a ruote scoperte made in USA.

Per poter partecipare nei primi mesi deve usare una licenza speciale, in quanto minorenne.

Il talento è palpabile.

L’IndyLights non costa poco e, fino a questo momento, è stato tutto sulle spalle della propria famiglia.

Greg Moore non deve vincere solo per la gloria, deve vincere per salvare la propria carriera.

Dopo un 1993 di apprendistato con ottimi piazzamenti ed un podio a fare da cornice si percepisce il bisogno di un salto di qualità.

Salto di qualità che avviene.

Tre vittorie nella sua seconda stagione in IndyLights, tre vittorie che lo mettono sotto i riflettori.

A salvare finanziariamente la carriera di Greg Moore interviene Player’s.

Player’s è uno sponsor storico nel panorama motoristico canadese.

Tuttavia è uno sponsor che ha sempre prediletto piloti francofoni rispetto a quelli anglofoni.

Per Greg vale la pena fare un’eccezione.

Nasce il sodalizio con Forsythe e proprio con il team di quest’ultimo Greg annienta la concorrenza nella sua terza stagione in IndyLights con dieci vittorie su dodici gare.

Ora non resta che compiere il grande passo.

Siamo nel 1996 e Greg Moore a soli vent’anni non ha alcun timore reverenziale.

Seconda piazza a Nazareth, terzo posto a Cleveland.

Top ten in classifica al suo primo anno in CART.

Ma in questo 1996 succede qualcosa di non banale.

La F1 si accorge di lui, improvvisamente Greg Moore non è più sotto i riflettori solo d’America ma anche del mondo.

Nel Gp di Portogallo di Formula 1, Greg è ospite del box McLaren.

Non è molto, certo, però…qualcuno inizia a suggerire un interessamento concreto alla F1.

La stagione successiva vede Greg Moore ancora alla guida della Forsythe sponsorizzata Player’s.

Il motore è Mercedes, un motore che può giocarsela con il temuto V8 Honda.

Il canadese è tanto un demone al volante quanto amato nel paddock, una sorta di Dr Jackyll e Mr. Hyde del volante.

Una dualità che scalda il cuore dei tifosi.

Due podi e poi la magia: a Milwaukee Greg Moore si mette dietro, in volata, Michael Andretti.

A ventidue anni Greg Moore entra nella storia dell’Indycar come più giovane pilota ad aver mai vinto una gara.

Non contento, una settimana dopo, il canadese bissa il successo a Belle Island.

Certo tutti quelli davanti finirono il metanolo, però conta la vittoria.

A Mercedes questo ragazzo piace proprio tanto.

Così tanto da dargli in mano una CLK GTR per gli ultimi round del FIA GT.

Qua fa amicizia con Wurz, con cui condivide l’abitacolo e con cui centra due ottimi settimi posti.

Non solo veloce sulle monoposto, non solo veloce sulle GT.

Frank Williams inizia ad intravedere qualcosa in Greg Moore e non è il solo, anche Sir Jackie Stewart inizia ad apprezzare il talento americano.

Sono rumors, per il momento.

Tra gossip e voci di corridoio inizia la stagione 1998 ed è ancora crescita per il pilota di Forsythe Racing.

Stabile in top four per le prime gare fino all’acuto di Jacarepaguá dove si impone su Zanardi e, successivamente, si porta a casa anche la US 500.

Greg Moore è in completa ascesa.

Il 1999 deve essere l’anno del titolo.

E per i primi cinque appuntamenti sembra poter esserlo davvero.

Poi il motore Mercedes non riesce a seguire l’ascesa del V8 Honda.

Greg Moore capisce che è ora di cambiare, viene firmato il sodalizio con Penske.

Tuttavia il debito d’onore con Forsythe è forte e, nonostante Greg sia con la testa già a Penske, deve dimostrare qualcosa a chi ha creduto in lui quando le risorse erano poche.

Arriviamo così al week end della gara di Fontana, gara che Greg ha sempre corso con buone prestazioni.

Nelle prove libere avviene un primo, grave, imprevisto.

Mentre Greg passeggia con il suo monopattino nel paddock si scontra con una vettura rimediando un brutto infortunio alla mano sinistra.

Le cure lo obbligano a saltare la qualifica e così sarà costretto a partire dal fondo.

Greg è ossessionato dalla vittoria e partire ultimo non è altro che un ulteriore stimolo.

A 247 giri dal termine avviene un evento chiave.

Richie Hearn esce di strada e tocca la via di fuga in erba che, anzichè frenarlo, lo proietta violentemente a muro.

Hearn è fortunato poichè l’impatto è dissipato sul fianco della vettura e può scendere sulle sue gambe.

Safety Car deployed.

A fine safety, al giro nove, avviene la triste conclusione della nostra storia.

La dinamica è simile in maniera disturbante, a cambiare l’esito della storia è la velocità con cui Greg entra nella via di fuga d’erba, colpendo una zolla che farà da trampolino verso la barriera in cemento.

L’impatto è devastante.

E’ chiaro che non siamo davanti ad un incidente di lieve entità, anzi il circuito è ammutolito.

Uno dei più amati piloti della categoria è in serio pericolo di vita.

Purtroppo c’è veramente poco da fare.

Greg Moore non sopravvive alle ferite riportate.

Si interrompe così, in maniera tragica, la storia di uno dei più grandi “what if” del motorsport mondiale.

Uno dei pochi a far battere il cuore a tutto il mondo e ad essere amato e rispettato da colleghi e tifosi.

Dopo la febbre Villeneuve, anche la febbre Moore si spegne in tragedia.

Comune denominatore per due piloti simbolo del Canada.

Di Claudio Boscolo

Appassionato di endurance da quando ho memoria, innamorato perso della Panoz Esperante e nostalgico della Jordan e della Jaguar in Formula 1. Cantastorie di piloti e di gare, all'occorrenza team principal dell'ItalianWheels Racing Team.

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