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A cura di Davide Achille e Claudio Boscolo.

Vincere la 24 Ore di Le Mans è il sogno della maggior parte dei giovani piloti che abbassano la visiera del casco la prima volta che si mettono alla guida di un comune go-kart. Per vivere l’emozione di trionfare nella gara di resistenza più famosa al mondo, però, i piloti partecipanti sono costretti a doversi confrontare con i propri limiti: ovvero quel muro che, per paura o per istinto di sopravvivenza, non sono in grado di scavalcare, perché oltre si trova un mondo che funziona con regole che non sono ancora in grado di “comprendere”. Questa gara purtroppo non è solo famosa per le imprese compiute o per la fatica che si prova nel parteciparvi, ma è diventata famigerata anche perché teatro di alcuni tra i più disastrosi incidenti nella storia del motorsport.

24 Ore di Le Mans 2001

L’edizione 2001 della gara di resistenza per eccellenza si caratterizzò per un inizio molto burrascoso: dopo poco più di un’ora dall’inizio della corsa un forte acquazzone si abbatté sul circuito con effetti disastrosi in quanto quasi tutte le vetture montavano gomme da asciutto. Il primo ad uscire di pista fu Stefan Johnsson su Audi R8-2000 che, nonostante il grave danneggiamento alla parte anteriore, riuscì a tornare sul tracciato a ritmo di gara. Subito dopo Eric Bernard si insabbiò alle curve Porsche e, nonostante le condizioni proibitive del tracciato, la gara non venne sospesa e la safety car non fu fatta muovere dalla piazzola. Nell’inerzia della direzione gara, Ralf Kelleners e altre cinque vetture persero il controllo alle curve Porsche uscendo rovinosamente dal tracciato e solo dopo questo susseguirsi di eventi la pace car fu fatta scendere in pista. Quest’acquazzone improvviso non lasciò scampo a molti piloti, i quali videro la propria gara compromessa.

Allan McNish, 24 Ore di Le Mans 2011

A soli nove minuti al termine della prima ora di gara, Allan McNish alla guida dell’Audi R18 cercò di sorpassare la Ferrari di Anthony Beltoise nelle prime curve dopo il traguardo. Durante la manovra di sorpasso, McNish toccò inavvertitamente l’auto del Cavallino Rampante e perse il controllo della vettura ribaltandosi appena toccate le barriere. Dalla vettura si staccarono delle parti di carrozzeria che finirono nella parte dell’autodromo riservata ai fotografi e al pubblico; miracolosamente però nessuno, compreso McNish, si fece male. Fu un gran peccato per il pilota scozzese dell’Audi che fino a quel momento stava conducendo una gara formidabile.

Mark Webber e Peter Dumbreck, 24 Ore di Le Mans 1999

Durante la settimana della 24 Ore di Le Mans 1999 la scuderia Mercedes portò sul circuito il famoso prototipo “CLR”, ma già dalle qualifiche si palesò che per la casa di Stoccarda sarebbe stata un’edizione disastrosa. La Freccia d’Argento del pilota australiano Mark Webber decollò per ben due volte tra qualifiche e warm-up lasciando il pilota incolume, ma fortemente scosso. Per precauzione il team non permise alla sua vettura di uscire dai box ma, durante la gara, l’episodio del decollo di una CLR si ripeté lo stesso: in questa occasione fu il turno del povero Peter Dumbreck il quale, passando su un dosso, spiccò letteralmente il volo impattando nella boscaglia appena oltre le barriere. Il pilota si rivelò anche lui sconquassato, ma fortunatamente illeso. Successivamente a questo ennesimo episodio, causato da un difetto aerodinamico, la Mercedes ordinò il ritiro anche dell’altra CLR in pista, concludendo mestamente l’edizione di fine millennio.

Anthony Davidson e Piergiuseppe Perazzini, 24 Ore di Le Mans 2012

Gli incidenti sono parte delle corse, è un dato di fatto, i piloti sono persone con un talento innato, ma anche loro possono soffrire degli stessi problemi dei comuni mortali e questo incidente lo dimostra in pieno: siamo alla quinta ora di gara, e come di consueto una LMP1 deve eseguire uno dei tanti doppiaggi che farà in questa lunga ed estenuante corsa. Anthony Davidson con la sua Toyota si spostò all’interno del tracciato per affrontare una curva, e venne improvvisamente speronato nella parte posteriore dalla Ferrari doppiata di Piergiuseppe Perazzini, andando completamente fuori controllo. L’aerodinamica da alleata passò a nemica e la vettura si trovò in una condizione di assoluta instabilità: il flusso d’aria, colpendo la macchina sul fianco, alzò completamente la vettura in aria, facendole compiere quasi una capriola completa. Il tutto si fermò quando la Toyota atterrò contro il muro e, nello stesso momento, la Ferrari sbatté anch’essa sulle barriere ribaltandosi e rimanendo adagiata sul tetto. Fortunatamente entrambi i piloti uscirono vivi dall’incidente, anche se Davidson si fratturò due vertebre a causa dell’impatto violentissimo.

Disastro di Le Mans del 1955

11 giugno 1955: siamo nelle prime fasi di crescita di questo sport e la sicurezza non era ancora il tema più dibattuto, lo dimostra l’epilogo di questo incidente. L’esperto pilota Mike Hawtorn, a causa di un rientro ai box effettuato all’ultimo momento disponibile, costrinse Lance Macklin, alla guida di una Austin-Healey, a frenare per evitare l’impatto. Quest’ultimo, trovandosi sulla parte sporca della pista, perse il controllo della macchina finendo sul lato sinistro del rettilineo dove stava sopraggiungendo anche una Mercedes, guidata da Pierre Levegh. L’impatto fu talmente violento che la Freccia d’Argento finì catapultata in aria terminando il suo volo sulla barriera che separava la pista dalle tribune, causando la morte del pilota. Nel momento dell’impatto alcuni componenti della vettura si staccarono e finirono violentemente sulla folla causando la morte di 83 spettatori e ferendone altre 120. La gravità di questo disastro portò la Svizzera a vietare le gare motoristiche sul suo territorio e la Mercedes, alla fine della stagione, decise di ritirarsi da tutte le competizioni in segno di rispetto per le vittime. L’incidente più grave nella storia delle corse automobilistiche fu così consegnato alla storia.

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Di Davide Achille

Nato a Voghera il 27 settembre del 1995, sono laureato in Giurisprudenza e appassionato di motori sin da quando ero un bambino. Ho iniziato a scrivere di motorsport e di automotive nell'ormai lontano 2016 e nel 2018 sono approdato alla corte di ItalianWheels.net. Guidatore della domenica per l'ItalianWheels Racing Team, corro anche nei campionati esports tra le file della Matteo Arrigosi Racing.

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