Questa volta non vi porterò l’ennesimo articolo su BOP e nemmeno nessuna intervista di qualche pilota in vista della 24h di Le Mans, anzi questa volta a Le Mans non ci andrò proprio.

Una scelta nata per la difficoltà di incastrare gli impegni di un lavoro in questo pazzo e volubile mondo del motorsport e di una vita che è sempre in movimento.
Una scelta che a dirla tutta un po’ mi rasserena anche se dall’altro mi buca lo stomaco con ondate di nostalgia.

Insomma questa strana gara di 24h attorno ad un circuito nella lontana Loira è una relazione tossica fatta di maledizioni, improperi, amore e passione come poco altro al mondo.

Quando sei in quella città da circa un centinaio di migliaia di abitanti (per l’occasione della Settimana Santa di giugno si triplica la popolazione) resti in un limbo tra “non vedo l’ora di tornare a casa” e “vorrei che tutto ciò non finisse mai”.

Quando torni a casa corroso da una stanchezza unica nel suo genere non vorresti fare altro che dormire e riprendere bagagli e aereo per tornare ad udire V8-V6 e compagnia cantante squarciare il cielo.

La 24h è sempre stata la mia “Moby Dick”, inseguita dal giorno in cui mi fu regalata la cartuccia del gioco per Game Boy nel lontano novembre del 2000.
Un po’ passione, un po’ ossessione.
Un viaggio che non avrei mai pensato di intraprendere davvero.

Eppure è successo, per ben due volte di fila.
Un po’ mi mancherà maledire il pazzo meteo di giugno della Loira che ti mette di fronte a sfide degne del miglior Bear Grills.

Un po’ sono felice di non dover armeggiare tra k-way, ombrelli e una calca capace di insegnarti il concetto di “agorafobia”.

Descrivere come questa esperienza mi abbia cambiato sia professionalmente che a livello personale è molto difficile.
Le Mans ti mette di fronte quanto questo mondo del motorsport sia una grande famiglia disfunzionale, che vive di regole proprie.
La 24h mette a nudo tutte le tue ansie, tutte le tue capacità professionali ed organizzative.
Eccitazione, entusiamo e quel pizzico di terrore: le carezze di ogni mattina al risveglio.
Lavorare per essere la versione migliore di sè stessi, sapere di essere lì a fare a spallate coi colossi dell’informazione.

Poche cose sono catartiche come il paddock di notte, i volti tirati, l’eccitazione della speranza.
Il fumo delle sigarette dei meccanici che si intrecciano con i profumi delle hospitality.

La sala stampa che diventa casa, la stanchezza che fa capolino ed il cuore che scoppia di felicità.

Un’esperienza che sono grato di aver vissuto con le migliori persone e colleghi possibili.

Un’esperienza che non vedo l’ora di poter tornare a rivivere.
Perchè la caccia alla mia “Balena Bianca” non finisce qua.
Quello che il futuro riserverà non è dato a sapersi, non resta che mettersi al lavoro per riuscire dove l’ammiraglio Achab ha fallito.
A chiunque vada, da spettatore o professionista i migliori auguri.
A chiunque per la prima volta vivrà l’esperienza, vivetela con cuore pieno e mente aperta.
Le Mans ti cambia la vita.

24h che valgono un’esistenza, nella storia e nella bellezza della gara più epica che sia mai stata inventata.
(P.S. non verranno usate foto professionali, semplicemente le nostre personali dalle nostre gallerie del telefono)