SPOILER ALERT: Il contenuto di questa recensione è ad altissimo rischio spoiler. Vi sconsigliamo la lettura se non vi piace che vi si anticipi la trama di qualcosa.

Sì esatto, il Trio è tornato, e lo ha fatto in grande stile. The Grand Tour – Sand Job è un enorme salto nel glorioso passato dei nostri tre britannici preferiti.

The Grand Tour – Sand Job è (cronologicamente) l’ultimo speciale del famosissimo trio di presentatori inglesi Jeremy Clarkson, Richard Hammond e James May.

La trama è abbastanza classica: 3 auto simili modificate per adattarsi (bene ma soprattutto male) ai luoghi da visitare, normalmente impensabili per quelle vetture, con l’intento di trovare un buon sostituto economico ad un prodotto finito presente sul mercato.

Il prodotto da sostituire, come sempre, non è semplice: Lamborghini Huracán Sterrato (e le sue “sorelle” Porsche 911 Dakar e Morgan Plus Four CXT).

Le auto scelte per questa missione sono: una Aston Martin DB9 Volante (Hammond), una Jaguar F-Type S (Clarkson) ed una Maserati GranCabrio (May). Tre gran turismo, un classico del trio. Tanto quanto classica è la “location” scelta: l’Africa.

Mauritania e Senegal, per la precisione.

Già perché queste tre meravigliose auto, accompagnate dai nostri tre birraioli preferiti, dovranno attraversare il deserto del Sahara, viaggiando dal nord della Mauritania fino a Dakar. Un’avventura sui passi della storica Parigi-Dakar, oggi solo Dakar, di cui abbiamo abbondantemente discusso nelle settimane precedenti.

Anche lo stile del programma in sé è un grande classico, a partire dal nome (Sand Job, ad una sola lettera di distanza da… un’altra cosa), passando per auto che quasi muoiono, esplosioni, vani motore imbrattati da liquidi e tanti km percorsi sul loro terreno preferito: quello fatto di pietre e sabbia dura.

Certo, le note negative non mancano: traduzione oscena nei sottotitoli (il Trio va necessariamente guardato in lingua originale, soprattutto con il pessimo doppiaggio di Amazon), l’età che oramai si fa sentire e le idee che per quanto funzionino ancora, perché si ride come matti anche in questo speciale, sono spesso ripetitive e quelle originali ormai scarseggiano.

Ma torniamo alla trama: con l’intento di trovare la miglior gran turismo trasformata in auto da rally, i tre britannici si trovano ad affrontare dune, montagne, parassiti, un campo minato, strade spezza-schiena, un fiume e soprattutto il nemico più temuto di tutti, ossia l’assenza di alcool.

Ovviamente, l’americano di Birmingham è come sempre quello con più problemi: la sua Aston, nonostante le pesanti modifiche, non digerisce affatto le dune africane, dimostrandosi la migliore solo per dormire (finché una misteriosa tempesta non gli strappa via la tenda dal tetto). La DB9 passa quasi più tempo con il cofano aperto che con il tetto abbassato, tra un bagno di fluido per servosterzo di qua e una noia elettronica di là, viaggia per la maggior parte del tempo bloccata in seconda con una sorprendente velocità massima di 30km/h.

Capitan Lento è invece come al solito il più bullizzato, con un’altra misteriosa tempesta di vento che a Chinguetti gli riempie di sabbia la sua povera Maserati. Come sempre molto nervoso e vendicativo, ma mediamente saggio nelle scelte.

Infatti la sua GranCabrio arriva al traguardo senza grossi problemi, salvo una bocchetta d’aria saltata e qualche vibrazione di troppo, tuttavia è sua la pessima idea del “timone” per indirizzare le auto durante l’attraversamento del fiume al confine con il Senegal.

E infine lui, Jeremy “Jezza” Clarkson. Sempre meno rozzo e più sofisticato che mai, è ovviamente il “vincitore” della sfida: la sua Jaaaag è decisamente la più adatta a sostituire la Huracán Sterrato. Non batte mai ciglio in nessuna situazione, se escludiamo la parentesi motoslitta.

Jezza si comporta da vero protagonista. Si immola giù per il dirupo con un complicato sistema di funi d’acciaio e ruspe (inutilmente, scoprirà poi), si infila ad alta velocità in un tunnel pieno d’Ebola finendo quasi nel campo minato e fa esplodere quella benedetta cisterna che sapevamo tutti sarebbe esplosa, prima o poi. Il tutto restando sempre fedele al suo motto Speed and Power.

Insomma, le risate non mancano, gli incidenti nemmeno (tra la cisterna esplosa e il furgone degli attrezzi affondato) e non manca nemmeno la classica drag race (vinta ovviamente dalla F-Type).

Sostanzialmente ci troviamo davanti ad un vero e proprio ritorno ai vecchi fasti, un vero e proprio ritorno in grande stile. Peccato soltanto che, come annunciato da Clarkson sui social qualche giorno fa, si tratta del penultimo speciale prima di andare definitivamente in pensione. L’ultimo, dovrebbe uscire entro fine anno.

Questo trio ci ha regalato tante emozioni e tante risate per molti anni. Si sono sfidati, si sono fatti dispetti di ogni genere ma si sono sempre rispettati. Sono rimasti sempre uniti pur non essendo quasi mai d’accordo su nulla.

Però noi, su una cosa, possiamo essere tutti d’accordo: ci mancheranno.

E quando andranno veramente in pensione, lutto nazionale. E non solo in Gran Bretagna…

Di Cosimo D'Adamo

Appassionato delle auto in generale dal 1997, con una forte preferenza per le auto italiane.

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