A cura di Federico Scannavino.

Quanto siamo disposti a sacrificare per lo spettacolo nel motorsport? La NASCAR ci ha risposto: il motorsport stesso. Non fraintendete, il Busch Clash al L.A. Memorial Coliseum è stato un evento ben riuscito oltre le aspettative, con i concerti di Pitbull e Ice Cube in uno stadio spettacolare che hanno infiammato la folla. Anche per gli organizzatori è stato un successo, con lo stadio quasi a capienza massima con oltre 50 mila persone sugli spalti. Insomma una favoletta a lieto fine, tranne per i grandi scontenti: i piloti stessi.

L’inizio delle ostilità

Fin dal principio, quest’ultimi si erano detti scettici sulla parte effettivamente competitiva dell’evento, con molti che lo avevano paragonato ad un demolition derby o una gara ad eliminazione, con nessun modo di sorpassare se non spingendo fuori gli avversari, cosa che si è rivelata vera con forte malcontento dei drivers e dei team che pagano i danni alle vetture, già azzoppati dalla mancanza di pezzi di ricambio.

Bubba Wallace tampona Austin Cindric nel tentativo di sorpasso

La gara è stata vinta da Joey Logano, che insieme a Kyle Busch ha dominato l’evento, mentre intanto dietro di loro succedeva l’apocalisse: sportellate, tamponamenti e vendette, tutte cose destinate a succedere sulla pista più corta della storia della nascar (solo 400 metri).

Joey Logano nel tradizione burnout della vittoria

Gli organizzatori hanno già detto che visto il successo questo aprirà le porte ad altre gare simili in altre location al pari di spettacolarità (si parla addirittura di Times Square, nel centro di Manhattan), con un pensiero anche a gare in Europa. Ma tutto questo non ci sta allontanando da chi effettivamente ci mette la faccia? Tutti i grossi campionati stanno lentamente trasformando i propri piloti in attori che rischiano la vita per il divertimento delle masse, come dei gladiatori moderni, che lottano in arene moderne in paesi con dubbie moralità nel nome dei guadagni e degli sponsor, sacrificando la lotta in pista e lo sport vero e proprio. Abbiamo già visto i danni che Netflix ha fatto alla F1, ma il rischio è che la nuova cultura dello spettacolo ci allontani totalmente dalle radici della competizione.  I piloti corrono per passione, passione che viene sfruttata per fare soldi da gente che spesso non ha idea di cosa c’è dietro. Mala tempora currunt…

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