A cura di Umberto Moioli.

Pioggia, freddo, nebbia, umidità, un asfalto a dir poco scivoloso: questi gli ingredienti non richiesti ma che hanno caratterizzato un evento atteso da tutto l’anno e che ha richiamato a sé tante, tantissime vetture sportive pronte a godersi e a far risuonare i passi di montagna delle Dolomiti, ovvero le strade più belle del mondo o “Il Giardino di Dio” per scomodare Jeremy Clarkson. Se nonostante, però, le condizioni avverse non abbiano intaccato lo spirito dei partecipanti al Dolomites Street IX, è altresì vero che addizionando valangate di cavalli-vapore, testosterone a cascata, la sana voglia di divertimento e quel pizzico (quanto nei limiti ragionevole) di desiderio di “farsi notare”, incappare nell’errore era tanto facile quanto trovare dell’ottima polenta-e-brasato. Una “staccata” un po’ più lunga quando pensi di starci, abbassare od alzare l’acceleratore di quel mezzo centimetro in piena percorrenza di curva mentre le gomme (ovviamente ancora estive) erano già al limite della loro precaria aderenza su un asfalto paradisiaco solamente per i drifters, il farsi prendere dalla foga e dall’adrenalina un po’ più del dovuto, ed ecco che ritrovarsi in testacoda o ancora peggio contro un albero o dentro qualche fosso non richiedeva più grande impegno o doti alla guida degne di Pastor Maldonado (si scherza, ovviamente). E così, grazie al network di appassionati, tra gruppi WhatsApp, Instagram, bot di Telegram e via discorrendo, le notizie di cosa stava accadendo davanti al gruppone o in fondo ad esso arrivavano con la velocità con la quale la morte di Lady D. fece il giro dell’Inghilterra: una Ferrari GTC4 Lusso disintegrata, una Lotus Exige S arrampicata sulla montagna con il sottoscocca sicuramente da buttare, una BMW M2 finita nel sottobosco, una Mustang che ha concluso la sua corsa contro il fianco di una montagna, una Lancer Evo X anch’essa fuori strada, una vecchia M3 disintegrata contro il guardrail ed una Lamborghini Gallardo ribaltatasi addirittura il giorno prima dell’evento. Insomma, un discreto bottino di guerra che tuttavia visto l’altissimo numero di partecipanti (1300 macchine), non rappresentano neppure l’1% di essi. Dopo esserci perciò dati l’arrivederci all’anno successivo per la X edizione del Dolomites Street, la domenica sera alcuni hanno iniziato a chiedersi se questo appuntamento dovesse iniziare a ripensare a se stesso, se sia davvero il caso di continuare fino a che “non scapperà il morto” oppure se “vada bene così”. Non voglio appellarmi tuttavia a quanto scritto all’interno del regolamento (chiarissimo ed esaustivo) che sottolinea a più riprese come non si tratti appunto di un evento sportivo, quanto invece di un “giro turistico” su strade aperte, perché è sufficiente dare un rapido sguardo a quali tipi di macchine si radunino a Falcade per comprendere al volo che quello organizzato non si tratti di un felice ritrovo di tranquilli eco-vegans alla guida delle loro Toyota Prius amiche dell’ambiente pronte a darsi ai politicamente corretti pic-nic in alta quota a base di seitan, quanto più una continua consegna di tofu da parte dei Takumi Fujiwara nostrani (e dei vari Bunta, visto l’incredibile numero di Impreza e WRX STi presenti). Eppure, tutto sta all’intelligenza di chi guida sapere fino a che punto sia lecito spingersi e quando invece è tempo di lasciare il gas per portare vita e macchina a casa. Non stupisce infatti come nessuna delle vetture a trazione anteriore sia stata protagonista di incidenti, poiché i piloti riconoscendo il limite delle proprie auto, in base alle difficili condizioni dell’asfalto, non hanno voluto strafare. E se con le trazioni posteriori sbagliare risultava ancora più facile, forse chi si trovava alla guida di vetture integrali ha forse un po’ peccato di superbia. Ma la domanda è: davvero qualcuno crede che un evento del genere, meraviglioso e perfettamente organizzato, dove almeno una volta all’anno si possa vivere a pieno questa passione per le auto e per la guida, sia da sospendere quando, conti alla mano, nulla pare essere più pericoloso delle persone che tornano a casa guidando il venerdì o il sabato sera dopo aver bevuto tanto quanto le nostre auto sportive? O forse sarà che chi ha sollevato le polemiche sono coloro che non rientrando nel limite minimo dei 200 CV hanno passato la giornata a rodere e ad aspettare i primi incidenti per fare la solita bieca ironia su Facebook, quando in realtà avrebbero voluto anch’essi essere presenti in quel paradiso chiamato Dolomiti?

Ad ogni modo, qualsiasi siano le risposte che vi siate dati, lasciatemelo dire con forza: il Dolomites Street non si tocca!

Di Umberto Moioli

Appassionato di roba veloce (purché non a propulsione elettrica), motorsport e street racing anni '90. Ho aperto ItalianWheels.net tanti anni fa per parlare di gare, auto e moto sportive e raccontare la poetica della guida.

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