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A cura di Matteo Arrigosi.

Le Mans ‘66… morivo dalla voglia di vederlo, da pilota prima che da appassionato.

“Rush” aveva entusiasmato per la bellezza ma forse, mio parere, un pò romanzato. Fausto e Furio oramai non è più un film di macchine, sempre che se lo sia mai stato. Anche scomodando Cole Trickle o Michel Vaillant non risolviamo molto. Ma… c’era gia qualcosa, a proposito della stessa pista, qualche anno dopo ma con altri protagonisti: Steve McQueen vi ricorda qualcosa? Tornando ai giorni nostri serviva qualcosa di nuovo e ancora più vero, più realistico.

In tutti questi sovracitati e in molti altri c’era forse troppo romanticismo, nonostante “Giorni di tuono” fosse stupendo per via dell’immagine di una Nascar dove “spingere è correre”. Forse perchè oggi siamo saturi di elettronica, elettrificazione, euro 0/1/2/3/4, il futuro elettrico e tutte queste cose (eufemisticamente) non troppo simpatiche che minano la nostra passione, e spesso siamo scambiati per dei criminali a causa delle nostre macchine sportive.

Le Mans ‘66 è la risposta, il vero automobilismo, fatto di uomini, di chiavi lanciate, di pugni e cazzotti, di caschi dalla dubbia sicurezza, di odore di benzina, e quell’angoscia dell’affidabilità. Una macchina avrebbe retto per 4800 Km? Questo era circa il chilometraggio di Le Mans in quel periodo e mi viene da ridere se penso che la Porsche Cayman GT4 CS con cui ho vinto la 12H del Mugello ne aveva 22000… Un film bellissimo e se non lo avete ancora visto andate subito a vederlo, anche se conosciamo già tutti l’epilogo di quella 24H. La guerra Ford Ferrari, la ripicca di Henry Ford II per un rifiuto del vecchio di Maranello. Ma forse più che su questa battaglia di Davide contro Golia, ciò che mi ha più colpito e preso (e mi fa venire voglia di rivederlo) è un personaggio…

No, non parlo di don Caroll Shelby, che tutti conosciamo per le sue doti di pilota e le auto incredibili (chi si dimentica la Cobra?, ndr), ma un pilota che forse tanti non hanno mai sentito neanche nominare: mi riferisco a Ken Miles. Un folle e ingegnoso uomo, appassionato all’inverosimile di automobili, tanto da essere parte fondamentale dello sviluppo della GT40, con mille idee e soluzioni, come quella per arrivare ai famosi “40” pollici richiesti da regolamento. Classe 1918, inglese di adozione americana, riassume quello che succede nel motorsport… anzi …che oggi non succede più. Un pilota, bravo, veloce, con capacità tecniche ma senza soldi (nel film, perchè in realtà Ken corse molto e vinse molto). Avrebbe sacrificato qualsiasi cosa pur di mettersi al volante di una macchina. Stronzatamente buono da….. (andate a vedere il film e lo scoprirete. Se invece lo avete visto, avrete capito cosa voglio dire).


Voi direte “Teo ma i tempi sono cambiati, oggi è tutto più semplice”. Ma la realtà dei fatti è diversa, perchè questo bellissimo film per noi piloti squattrinati porta alla ribalta un problema enorme. Oggi viene privilegiato un pilota lento ma con milioni piuttosto che uno forte e capace ma senza “borsa”. Che importa se in quell’unica gara che lo squattrinato fa demolisce i piloti con i soldi ma… tu sei un fenomeno, gli altri hanno i cash. Fine delle trasmissioni.  Oggi le macchine da corsa hanno raggiunto un livello elevatissimo di affidabilità da far invidia ad un camion Scania. Non che la cosa dispiaccia, ma forse si è perso un pò quel senso di capire e sentire la macchina, di rispettarla e portarla fino al traguardo. Adesso metti giu il gas al semaforo verde e lo alzi alla bandiera a scacchi. Bene ma non benissimo. Se avete visto il film e vi è venuta voglia di mettervi a correre, ricordate un’altra cosa… siamo in Italia, la patria del Motorsport, e dovete trovare uno sponsor (dovevo avvisarvi che dopo aver letto questa parola sarte sottoposti ad un controllo incrociato dell’agenzia delle entrate e vi verrà pignorata qualsiasi cosa). Quando arriverete dall’azienda che fattura miliardi la risposta sará “ cavolo bella la Porsche, bella l’idea, sei forte ma… noi non facciamo più queste cose, troppo rischioso”.

Welcome into the motorsport’s life.

P.S. Spero di non aver demolito il vostro stato d’animo, consoliamoci con questi film. Quale sará la prossima sfida da vedere sui megaschermi?

Di Matteo Arrigosi

Pilota professionista, coach e caporedattore di ItalianWheels.net. Per divertirsi non importa il mezzo, l'importante è che abbia un motore.

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